La CETS in Italia: quali sono le ragioni del successo?

Pollino National Park, Italy © Stefania Petrosillo

Stefania Petrosillo  (esperta CETS, responsabile CETS di Federparchi-Europarc Italia dal 2008 al 2015) condivide le sue considerazioni sull’esperienza Italiana nell’ambito della Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle Aree Protette. Questo articolo è disponibile anche in inglese.

In pochi anni la CETS ha assunto in Italia una grandissima importanza ed oggi è considerata dai parchi, da regioni e dal ministero dell’ambiente come uno strumento molto utile per la governance delle aree protette. Molti fattori hanno reso possibile questo successo. Allo stesso tempo, vi sono alcuni elementi di criticità di cui sarà importante tener conto per il futuro. Il presente articolo presenta un’analisi dell’esperienza italiana fino ad oggi, ovviamente senza pretesa di esaustività.

L’evoluzione dal 2001 ad oggi

Alla fine degli anni Novanta, il Parco Regionale delle Alpi Marittime sceglie di essere tra le sette aree pilota a sperimentare la Carta Europea del Turismo sostenibile promossa da Europarc Federation. Così, nel 2001 diventa il primo parco CETS in Italia ed uno dei primi quattro in Europa. Seguono poco tempo dopo il Parco Nazionale dei Sibillini e il Parco Naturale dell’Adamello Brenta. Qualche anno dopo, la Lombardia è la prima Regione che decide di appoggiare e finanziare la candidatura di quattro aree protette del suo territorio.

Un cambiamento importante avviene nel 2008: Federparchi e Europarc Italia, fino a quel momento due enti distinti, si fondono, creando un’unica associazione, che sceglie la CETS tra le sue priorità. Così, grazie ad un incessante lavoro di Federparchi-Europarc Italia di promozione e di supporto tecnico, si sviluppa un grande interesse per lo strumento, tra i parchi, le regioni e il ministero dell’ambiente.

Da quel momento, il numero dei parchi che decidono di applicare la Carta comincia a crescere in modo progressivo e costante. In pochi anni, la Regione Puglia e la Regione Marche decidono di seguire l’esempio della Lombardia promuovendo la CETS tra i loro parchi regionali. Nel 2011, il Ministero dell’Ambiente italiano firma con Federparchi-Europarc Italia la prima di una serie di convenzioni che prevedono, tra l’altro, il supporto alla certificazione di alcuni parchi nazionali e attività seminariali e di studio sulla CETS. Nel 2012 la Riserva Regionale di Monte Rufeno è l’area europea CETS n. 100.

Torre del Cerrano was the first

Torre del Cerrano was the first

Nel 2013, Federparchi-Europarc Italia riceve da EUROPARC Federation il  “Special Tourism Award”,  premio per il suo “proattivo impegno a supporto delle aree protette italiane nell’implementazione della CETS”. Nel 2014, l’Area Marina Protetta di Torre del Cerrano è la prima area marina in Europa a ricevere la Carta. Nel 2015 due parchi (il Parco Naturale Adamello Brenta e il Parco Regionale Dune Costiere) certificano i primi partner CETS fase II.

Le ragioni di un successo

Oggi la rete italiana conta 29 aree certificate e molte altre sono candidate.

Ma perché la Carta piace tanto alle aree protette italiane?

Prima di tutto, va ricordato che la quasi totalità dei parchi italiani sono territori abitati. Il dialogo, la collaborazione e il consenso delle comunità locali che vivono e lavorano sul territorio è quindi essenziale.  La CETS, con il suo carattere volontario, il suo ambito definito e i suoi obiettivi chiari, è un supporto molto efficace agli strumenti di partecipazione pubblica che già la legge italiana prevede. La Carta, quindi, risponde ad un bisogno reale sentito dagli enti di gestione dei parchi.

Altro aspetto generale: l’Italia è una destinazione turistica di eccellenza. Il mercato del turismo è importantissimo per il paese, ma i soggetti istituzionali che si occupano del settore sono tanti e spesso scollegati. Proprio per questo è indispensabile sviluppare il coordinamento tra le politiche sul territorio, che possano favorire lo sviluppo senza mettere in pericolo “il capitale” (il patrimonio culturale e naturale). Anche per questa esigenza, la metodologia proposta dalla CETS può essere un’ottima risposta.

Il lato internazionale della Carta, inoltre, è un elemento molto attraente per i parchi, che percepiscono il fascino e la potenzialità di ricevere, con la CETS, un riconoscimento a livello europeo.

Senza dubbio alcuno, il ruolo giocato da Federparchi-Europarc Italia in questi anni è stato decisivo per il successo della CETS in Italia. La federazione coordina e anima la rete italiana e diffonde la conoscenza della CETS, anche con un’attività di lobby politica verso le istituzioni.  Soprattutto, offre assistenza tecnica alle aree protette che ne facciano richiesta: questo supporto tecnico si concretizza prima di tutto in un accompagnamento, continuo e di grande qualità, del parco fino alla candidatura. Poi, dopo l’accreditamento, il parco riceve supporto per il monitoraggio e continua a usufruire di momenti di formazione e aggiornamento attraverso seminari tecnici e scambi. Anche l’impegno del Ministero dell’Ambiente e di alcune Regioni, che hanno messo a disposizione anche risorse finanziarie, è stato determinante per la crescita del numero dei parchi certificati.

Come dimostrano questi elementi appena citati, la CETS è stata promossa, gestita e percepita come un programma nazionale di rete, e non solo come tanti singoli percorsi dei parchi.

Altro punto caratterizzante per l’esperienza italiana: il dialogo con i privati, coinvolti in modo attivo da subito, già nella CETS Fase I. Anche gli operatori privati, infatti, sono invitati a cominciare il percorso della Carta insieme al parco e agli enti pubblici, pur mantenendo ovviamente ruoli e responsabilità diverse. In molti casi, essi si sono rivelati un grande punto di forza dei percorsi CETS italiani.

Le criticità

A fronte di tanti aspetti positivi, non mancano però alcune criticità e punti di debolezza.

Il primo aspetto cruciale riguarda il coordinamento, la pianificazione e la reale possibilità di portare a termine nei cinque anni quanto identificato nella strategia e nel piano d’azione della Carta. I continui mutamenti politici e di indirizzo strategico che caratterizzano la realtà italiana a livello nazionale, regionale e locale inevitabilmente si ripercuotono gravemente sulle aree protette. Spesso è anche difficile coinvolgere nel Forum in modo attivo e continuativo gli enti pubblici, che invece sono essenziali per il  coordinamento delle politiche sul territorio.

Ovviamente, è una grave criticità anche la perenne incertezza delle aree protette sui fondi pubblici che avranno a loro disposizione negli anni seguenti per mettere in atto quanto pianificato.

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Ossola Nature Park, Italy © Stefania Petrosillo

Un altro elemento di debolezza può derivare dalle motivazioni per cui alcuni parchi decidono di cominciare il percorso CEST, perché spinti dall’alto (ministero o regione) o molto interessati ad avere un riconoscimento europeo, senza però aderire davvero all’idea e al metodo. Similmente, un momento delicato è quello del cambio dei presidenti e dei direttori di parco certificati: a volte, infatti, può accadere che i nuovi vertici dell’area protetta non comprendano appieno o sottovalutino l’importanza del percorso CETS, che non hanno “visto nascere”.  In questi casi, la CETS finisce per diventare solo uno dei tanti progetti affidati ad un singolo funzionario responsabile e non più il metodo di lavoro adottato dall’intero Ente Parco. Quando ciò accade, la CETS può perdere il suo valore e tutto il lavoro fatto con il territorio attraverso il Forum rischia di essere vanificato.

 

 

Conclusioni, in prospettiva

In prospettiva, appare fondamentale valorizzare e supportare il grande impegno e commitment dei tanti presidenti, direttori e funzionari che, nonostante le difficoltà, stanno portando avanti con entusiasmo e ottimi risultati la Carta sui loro territori.

Il dialogo tra Ente Parco e privati in futuro sarà sempre più importante, anche attraverso lo sviluppo della Fase II della CETS. Affinchè, però, questo abbia successo, è fondamentale che la Fase I sia assolutamente solida e che l’Ente Parco nel suo complesso e gli Enti pubblici considerino sempre la Carta come una priorità. Solo così si costruisce un quadro generale politico strategico di riferimento chiaro e stabile sul lungo periodo, dentro il quale i privati possono decidere come impegnarsi.

La forza del sistema italiano risiede anche nella rete nazionale, animata da Federparchi-Europarc Italia, che sarà fondamentale mantenere, anche attraverso lo sviluppo di progetti comuni. Allo stesso tempo, è importantissimo enfatizzare e valorizzare sempre più l’aspetto europeo della CETS. Questa è la strada identificata anche nella Strategia Europarc Federation 2020. Molto già si fa e molto potrà essere fatto da parte della Federazione in termini di progetti europei, scambi, seminari tecnici, eventi, lobby verso le istituzioni europee e internazionali, coinvolgimento dei privati partner CETS nella rete europea, ecc. In questo senso, sarà però opportuno che in futuro anche le aree protette italiane rafforzino il loro impegno nella rete europea in termini di presenza, partecipazione, scambio di informazioni, coinvolgimento.

Concludendo, la CETS in Italia è un’esperienza di estremo interesse, da mantenere, potenziare e valorizzare sempre più a livello locale, nazionale ed europeo.